Il contratto di comodato

Il comodato è un contratto per sua natura gratuito con cui una parte (c.d.comodante) consegna all’altra (c.d. comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un periodo o un uso determinato.

Il contratto di comodato

Il comodato è un contratto per sua natura gratuito con cui una parte (c.d.comodante) consegna all’altra (c.d. comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un periodo o un uso determinato.

Gli artt. 1803 e seguenti del codice civile ne dettano le caratteristiche fondamentali. 

Il contratto non è sempre soggetto a registrazione, a eccezione dell'ipotesi di enunciazione in altri atti (risoluzione n. 14/E del 2001). Qualora il contratto di comodato su beni immobili sia redatto in forma scritta, lo stesso è soggetto a registrazione in termine fisso, con l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa pari a 200 euro. Quando è obbligatoria, la registrazione deve essere effettuata entro 20 giorni (Dpr 131/86, articolo 5, comma 49). La registrazione va effettuata solo alla stipula e non sono previsti versamenti annuali. Nel caso in cui sia stabilito il rinnovo tacito alla scadenza, non è necessario procedere al versamento dell'imposta di registro in occasione del rinnovo. La registrazione sconta l'imposta di bollo pari a 16 euro ogni quattro facciate o 100 righe, con modello F23 o con l'apposito contrassegno telematico

Si tratta di un tipo di contratto molto diffuso sia in ambito privato (ad esempio per dare un immobile o una autovettura ad un familiare), sia in ambito commerciale (ad esempio per macchinari e attrezzature) ed utilizzato sia da imprese che da liberi professionisti.

Nonostante la disciplina non preveda obblighi di forma, è tuttavia preferibile, soprattutto qualora lo si utilizzi in ambito industriale o commerciale, redigerlo in forma scritta con una certa attenzione per evitare possibili contenziosi tra le parti.

Con il contratto di comodato una parte (comodante) affida e consegna ad un'altra (comodatario) una cosa, assumendo l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta alla scadenza del termine convenuto.

Diritti e obblighi 

Il comodatario utilizzatore è tenuto a custodire il bene concesso dal contratto e conservarlo con la diligenza del buon padre di famiglia. Egli se ne può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa e al termine del contratto è obbligato a riconsegnarlo.

Se il comodatario non rispetta tali obblighi contrattuali, il proprietario può richiedere sia l’immediata restituzione del bene, sia il risarcimento dei danni.

Il comodatario in generale non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi del bene, ma può chiedere di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute ma solo se queste erano necessarie e urgenti.

La registrazione del contratto di comodato 
Non vi è obbligo di registrazione, tuttavia, qualora si scelga la forma scritta, è opportuno, in particolare quando stipulato tra imprese o professionisti, procedere alla registrazione dello stesso presso l’Agenzia delle Entrate, presso qualsiasi ufficio.

Predisposizione e firma in originale, in tre copie (una per ciascuna delle parti e la terza per l’Ufficio).

Il contratto è in questo caso soggetto all’imposta di bollo da 16 euro, ogni 4 pagine.

Attenzione le marche devono riportare data non successiva a quella di stipula del contratto, oppure eseguire la regolarizzazione apponendo un opportuna marca da bollo integrativa.

Va predisposto il Modello 69, reperibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, che deve essere firmato dal una delle parti e dall’eventuale soggetto delegato che registrerà l’atto.

E’ necessario effettuare il versamento dell’imposta di registro di 200 euro, tramite modello F23, riportando il codice tributo 109T.

Sarà necessaria anche copia delle carte di identità del soggetto comodante e del comodatario.

Cessazione del contratto

La durata del contratto è stabilita dalle parti e se non si prevede nulla il bene deve essere restituito non appena il comodante lo richieda. La durata può essere anche desunta dalla specifica destinazione del bene.

In tutti gli altri casi il comodante più richiedere la restituzione anticipata della cosa solo qualora sopraggiunga un bisogno urgente e imprevisto.

Resta fermo che il comodatario può restituire la cosa in qualsiasi momento.

La morte del comodatario non estingue automaticamente il rapporto di comodato, in questo caso infatti il comodante ha la facoltà di chiedere agli eredi la restituzione della cosa, se non lo fa gli eredi subentrano nell’obbligo del comodatario. In caso di morte del comodante invece si estingue il comodato precario, ma non quello a termine.

IMU, TASI, TARI: chi è tenuto al pagamento nel comodato di beni immobili?
Al pagamento dell’IMU sono tenuti i proprietari oppure i titolari di un diritto reale di uso, usufrutto, abitazione, enfiteusi e superficie su fabbricati, terreni ed aree edificabili. Il comodatario è titolare di un diritto personale di godimento e non di un diritto di proprietà. Infatti, il comodatario è un semplice detentore del bene immobile, pertanto non deve pagare l’IMU. 
Per quanto riguarda la TASI, l’imposta deve essere ripartita tra proprietario e comodatario e nel caso in cui uno dei due non dovesse pagare, l’altro non ne risponde. L’occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa fra il 10 e il 30% dell’ammontare complessivo e può avere un’aliquota agevolata nel caso di abitazione principale. Se il Comune non delibera la suddivisione tra proprietario e inquilino, quest’ultimo deve pagare il 10% dell’imposta. Il comodatario è il soggetto che occupa l’immobile e come tale è tenuto al pagamento della TARI, tassa sui rifiuti.

Il comodato stipulato in forma verbale rimane efficace ai fini civilistici, ma con un contratto solamente verbale il possessore potrebbe trovarsi nella concreta impossibilità di fruire, ai fini dell'Imu e della Tasi delle agevolazioni/assimilazioni eventualmente stabilite dal Comune. L'articolo 13, comma 2 del Dl 201/2011, prevede che i Comuni possano assimilare all'abitazione principale l'unità immobiliare concessa in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale. In tal caso, è possibile stabilire che l'agevolazione/assimilazione operi limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto, non eccedente il valore di 500 euro oppure, nel caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con Isee non superiore a 15.000 euro annui. 

I singoli Comuni che hanno assimilato all'abitazione principale gli immobili concessi in comodato chiedono di fornire la dimostrazione dell'esistenza del contratto con modalità diverse. In alcuni casi le delibere chiedono la registrazione presso l'agenzia delle Entrate. In mancanza, l'assimilazione viene negata. Altri Comuni hanno previsto la consegna di un'autocertificazione attestante che l'immobile viene concesso in uso gratuito ad un parente entro il primo grado come abitazione principale, unitamente a un certificato anagrafico di residenza e alle copie delle ultime fatture per utenze domestiche dell'utilizzatore dell'immobile. L'assimilazione dell'immobile all'abitazione principale incide sulle imposte dovute. Nel caso in cui non sia possibile fruire dell'agevolazione, il proprietario (o il titolare di altro diritto reale) sarà tenuto a versare l'Imu. L'immobile, però, potrebbe essere anche soggetto a Tasi, a meno che il Comune non l'abbia azzerata, con il vincolo che la somma delle aliquote Imu e Tasi non potrà superare il 10,6 per mille o l'11,4 per mille se il Comune avesse stabilito la maggiorazione dello 0,8 per mille. La Tasi dovrà essere eventualmente versata dal possessore dell'immobile con l'aliquota per gli immobili diversi dalle abitazioni principali, ma anche il comodatario (genitore, figlio o altro soggetto) sarà tenuto ad effettuare un versamento. Tale soggetto verserà una quota variabile dal 10 al 30% del tributo calcolato dal possessore. La percentuale è stabilita dai singoli Comuni con delibera. 
Invece, nella diversa ipotesi di assimilazione, ad esempio per l'immobile concesso in uso dal padre al figlio che risiede ed abita, il Mef (Faq del 4 giugno 2014) ha ritenuto che il versamento debba essere effettuato interamente dal possessore e non dall'occupante (il figlio). Molti Comuni hanno scelto una soluzione diversa, ritenendo che anche nell'ipotesi di assimilazione (all'abitazione principale) il comodatario dovrà versare autonomamente la quota a suo carico. Gli immobili concessi in comodato producono redditi fondiari (di fabbricati) e quindi sono soggetti a Irpef. Devono essere indicati in Unico o nel 730 del proprietario o del titolare del diritto reale. Anche ai fini delle imposte sui redditi, sono previste ipotesi di assimilazione, con l'ulteriore effetto di non applicare l'Irpef. L'articolo 10, comma 3 - bis del Tuir prevede una deduzione di pari importo alla rendita catastale dell'abitazione principale e delle pertinenze. La stessa norma prevede che per abitazione principale si intende quella nella quale il proprietario o il titolare del diritto reale o i suoi familiari dimorano abitualmente. Pertanto, se due genitori abitano in un immobile di proprietà, concedendo in comodato un altro immobile ad un figlio, la deduzione spetterà solo una volta (sul primo immobile). Il fabbricato concesso in uso al figlio non potrà essere considerato come abitazione principale. Viceversa, se i due genitori abitano in un immobile condotto in locazione, il fabbricato concesso in comodato sarà l'abitazione principale. Si applicherà la deduzione e sarà completamente detassato ai fini Irpef. 

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