Prestazioni di servizi su beni custoditi in deposito
Trattasi delle seguenti prestazioni, tipicamente effettuate su beni oggetto di deposito:
• prestazioni del depositario rivenienti dal contratto di deposito: deposito, soste, magazzinaggio;
• prestazioni di carico, scarico, facchinaggio, ricarico, trasbordo (effettuate in deposito sui beni custoditi);
• prestazioni di controllo, verifica, perizia, campionatura, analisi (sui beni custoditi in deposito);
• prestazioni di taglio, confezionamento, pulitura, raffinazione, refrigerazione (dei beni custoditi in deposito);
• prestazione di riparazione, trasformazione, lavorazione che avvengono in deposito;
• prestazioni di assiemaggio, montaggio ed adattamento dei beni;
• eventuali provvigioni per le intermediazioni realizzate su cessioni (relative a beni custoditi in deposito);
• spese di trasporto dei beni dal deposito ai locali limitrofi per sottoporre i beni stessi ad un particolare trattamento o per trasferire i beni da un deposito IVA ad un altro.
Con il recepimento delle nuove regole sulla territorialità delle prestazioni di servizi contenute nella Direttiva 2008/8/CE attuata dal D. Leg. 11 febbraio 2010 n. 18, anche i servizi eseguiti su beni custoditi in deposito IVA hanno sostanzialmente cambiato il loro inquadramento.
Se prima i servizi resi sui beni in deposito erano rilevanti ai fini IVA per il solo fatto che fossero resi nel territorio dello Stato,
La norma era contenuta negli abrogati: articolo 7, comma 4, lettera b) D.P.R. 633/1972, che assoggettava all’IVA italiana le lavorazioni su beni mobili materialmente effettuate nel territorio dello Stato; ed articolo 7, comma 4, lettera c) che assoggettava all’IVA italiana il trasporto di beni per la tratta nazionale.
oggi al fine di determinare la rilevanza territoriale di tali prestazioni di servizi è necessario anzitutto avere riguardo al Paese di stabilimento del soggetto di imposta committente.
Infatti, i servizi:
- rileveranno ai fini dell’IVA nazionale, beneficiando di un regime di non soggezione al tributo, solo se resi a soggetti passivi di imposta stabiliti in Italia;
viceversa,
- si tratterà di operazioni non soggette all’IVA ovvero fuori dal campo di applicazione dell’imposta.
Si veda la seguente esemplificazione:
• Destinatario del servizio: soggetto di imposta stabilito in Italia (ovvero stabile organizzazione nel territorio dello stato di soggetto non residente)
Particolare attenzione deve prestare il depositario ai servizi relativi a beni custoditi in deposito quando resi nei confronti di soggetti di imposta nazionali (ovvero stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti).
Infatti, trattandosi di operazioni territorialmente rilevanti ai fini IVA, il non assoggettamento ad imposta IVA, riconosciuto dall’art. 50 bis, lettera h), del D.L. 331/1993 dipende dal rispetto delle condizioni stabilite dalla norma; condizioni che, se non rispettate, impongono l’emissione di fattura assoggettata ad IVA.
Il citato articolo 50 bis,comma 4, lett. h), del D.L. 331/1993, prevede che le prestazioni di servizi su beni custoditi in un deposito IVA siano effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto.
L’art. 16 della L. 28.01.2009 n. 2, di conversione del D.L. 29.11.2008 n. 185, contiene al comma 5 bis una interpretazione autentica dell’art. 50-bis, comma 4, lett. h), per effetto della quale tale norma va interpretata nel senso di considerare che “le prestazioni di servizi ivi indicate, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA”. Sulla scorta di quanto indicato nella relativa relazione illustrativa, le suddette prestazioni di servizi costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA anche se realizzate negli spazi limitrofi o adiacenti il deposito stesso. L’interpretazione è diretta a consentire l’applicabilità del beneficio di non assoggettamento ad imposta anche a beni non ancora introdotti in deposito IVA, per i quali la semplice consegna al depositario va assimilata all’introduzione materiale dei beni nei predetti luoghi, anticipando di fatto la realizzazione di tale condizione. Resta, tuttavia, fermo quanto precisato dall’Agenzia delle Dogane in merito all’inapplicabilità dell’art. 50-bis in caso di inesistenza giuridica o simulazione del contratto di deposito, presupposto imprescindibile per l’applicazione dell’istituto (nota n. 22321/RU del 24 febbraio 2009).
La norma, in particolare, prevede il non assoggettamento ad IVA per tutte le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e di manipolazioni usuali, che hanno la caratteristica di intervenire sul bene, modificandone, in alcuni casi, addirittura la struttura tecnica o funzionale, relative a beni custoditi in un deposito IVA, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi, sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a 60 giorni.
La particolare agevolazione sulle prestazioni di servizi opera solo nel caso in cui le stesse siano state realizzate sui beni custoditi in deposito.
Si escludono pertanto dal beneficio tutte le prestazioni che, pur riconducibili in senso lato ai beni, non sono state poste in essere durante il periodo di custodia degli stessi, ma prima o dopo di esso.
Risultano pertanto escluse le prestazioni di trasporto dei beni per l’introduzione e l’estrazione dei beni, in quanto sono resi su merci non in regime di deposito.
Invece, nel caso di trasferimento dei beni dal deposito ad un locale limitrofo per l’effettuazione di una lavorazione, ovvero in altro deposito IVA per necessità logistica, le spese di trasporto non sono assoggettabili ad imposta in quanto relative a beni custoditi in deposito.
Anche le prestazioni rese dallo spedizioniere doganale (o doganalista) per immettere in libera pratica beni che sono destinati ad essere introdotti in un deposito IVA non risultano ricomprese nella particolare agevolazione prevista dal D.L. 331/1993, in quanto il servizio reso si realizza in una fase antecedente rispetto al momento di custodia vera e propria dei beni.
• Destinatario del servizio: soggetto di imposta stabilito nel territorio di un altro stato membro della comunità
Le prestazioni di servizi sui beni custoditi in deposito rese nei confronti di soggetti di imposta stabiliti nel territorio di un altro Stato membro della Comunità, mancando del requisito della territorialità prevista dall’art. 7 ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. 633/1972, non sono soggette all’imposta, ma sussiste comunque l’obbligo di emissione di fattura ex art. 21, comma 6, del D.P.R. 633/1972.
Non sorge tuttavia l’obbligo di compilazione del modello INTRA 1 quater, di cui al novellato art. 50, comma 6, del D.L. 331/1993.
Infatti gli elenchi riepilogativi relativi alle prestazioni di servizi non soggette all’imposta di cui all’art. 7 ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. 633/1972 rese nei confronti di committenti comunitari non devono includere le operazioni per le quali (come nella specie, trattandosi di servizi senza pagamento di IVA) non sia dovuta imposta nello Stato membro di stabilimento del committente, ricorrendo una fattispecie di esenzione, non imponibilità o non soggezione secondo la legislazione interna del Paese
È da ritenersi tuttavia che l’obbligo di compilazione del modello sussista qualora nello Stato membro di stabilimento del committente non sia contemplata una norma equipollente all’art. 50 bis, comma 4, lettera h), del D.L. 331/1993 ovvero non risultino istituiti i depositi IVA. In tal caso, infatti, il committente, in mancanza di una norma agevolativa, dovrà provvedere ad assoggettare ad imposta il servizio nel proprio Paese mediante inversione contabile.
A tal fine, il prestatore italiano ha l’onere di accertare che la prestazione resa sia esente, non imponibile o, comunque, non soggetta ad imposta nel Paese del committente.
Tuttavia, si considera che il prestatore italiano abbia agito in buona fede nell’accertare che per la prestazione resa non sia dovuta l’imposta nello Stato membro del committente quando ha richiesto ed ottenuto una dichiarazione redatta dal medesimo committente in cui questi afferma che la prestazione è esente o non imponibile nel suo Paese di stabilimento (cfr. Circolare n. 43/E del 06.8.2010).
• Destinatario del servizio: soggetto di imposta stabilito in Paese extraue
Le prestazioni di servizi sui beni custoditi in deposito rese nei confronti di soggetti di imposta stabiliti in Paesi ExtraUE, mancando del requisito della territorialità prevista dall’art. 7 ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. 633/1972, sono fuori campo di applicazione dell’imposta.
Nessun obbligo IVA sorge né in capo al prestatore, né in capo al committente nel nostro Paese: l’operatore nazionale dovrà provvedere all’emissione di documento rilevante eventualmente ai soli fini dell’imposizione diretta.
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Operazioni di perfezionamento e manipolazioni usuali
PRESTAZIONE |
TIPOLOGIA |
Operazioni di perfezionamento |
Lavorazione di merci, compresi il loro montaggio, il loro assemblaggio, il loro adattamento ad altre merci. Trasformazione delle merci. Riparazioni delle merci, compresi il loro riadattamento e la loro messa a punto. Utilizzazione di alcune merci che non si trovano nei prodotti ottenuti dal perfezionamento, ma che consentono o facilitano l’ottenimento di tali prodotti, anche se queste merci scompaiono totalmente o parzialmente nel corso della loro utilizzazione
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Manipolazioni Usuali come meglio elencate e specificate all’allegato 72 del Regolamento CEE 2454/1993 (DAC) |
Operazioni intese a garantire la conservazione della merce, a migliorarne la presentazione o la qualità commerciale o a prepararne la distribuzione o la rivendita |
D – Una società italiana presta servizi di logistica a favore di società francesi e americane. Come deve comportarsi? R (Renato Portale) – Fino al 31 dicembre 2009 la prestazione era soggetta a Iva in Italia in virtù della regola generale del paese/luogo di domicilio del prestatore: l’operatore italiano doveva emettere fattura alle società Ue ed extra Ue con applicazione di Iva. A partire dal 1° gennaio 2010, invece, la prestazione è non soggetta a Iva in Italia, in quanto rilevante ai fini della tassazione nel paese di stabilimento del committente. Il prestatore italiano, dopo essersi assicurato che il cliente è un soggetto passivo d’imposta in un paese diverso dall’Italia, emette: 1) nei confronti della società francese, una fattura che non influenza il suo volume d’affari e sarà indicata nel modello Intrastat; 2) nei confronti della società americana, un documento senza applicazione di imposta che rileva ai soli fini della contabilità generale e non Iva
D – Una società francese presta servizi di logistica a una società italiana. Quali regole devono essere seguite? R (Renato Portale) – Fino alla fine del 2009, il prestatore francese doveva emettere alla società italiana una fattura con applicazione di Iva francese. Dal 2010 invece, essendo questa una “prestazione generica” da assoggettare a Iva nel paese del committente (soggetto passivo di imposta), il prestatore francese emette una fattura francese senza applicazione di imposta. La società italiana, ricevuta la fattura, deve assoggettare a Iva in Italia la prestazione mediante il meccanismo del reverse charge. La società italiana deve inoltre presentare, in via telematica, il modello Intrastat.+
Prestazioni di servizi di stoccaggio e deposito di beni
Pe le prestazioni di servizi aventi ad oggetto lo stoccaggio, e più in generale, il deposito di beni si è posto il dubbio circa la natura degli stessi, ed in particolare se debbano considerarsi “generici”, e come tali disciplinati dalla regola generale dell’art. 7-ter con conseguente tassazione ai fini IVA in Italia (Stato del committente soggetto passivo IVA), ovvero se rientrino in quelli relativi a beni immobili, di cui all’art. 7-quater, lett. a), del D.P.R. 633/1972, rilevanti territorialmente nel Paese in cui è ubicato il bene.
La questione è stata affrontata da parte dell’Agenzia delle Entrate, che nella C.M. 28/E/2011, in cui l’Amministrazione Finanziaria ha inquadrato l’operazione descritta nelle prestazioni di servizi generiche, di cui all’art. 7-ter, e non in quelle relative a beni immobili, di cui al successivo art. 7-quater del D.P.R. 633/1972.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti, «le prestazioni di deposito merci non possano ricondursi alla categoria dei servizi relativi a beni immobili», in quanto deve applicarsi la previsione generale di cui all’ art. 44 della direttiva 112/2006, che nel nostro ordinamento è stata recepita nell’art. 7-ter del D.P.R. 633/1972 secondo cui nelle prestazioni “B2B” si attribuisce rilevanza territoriale nel Paese in cui è stabilito il committente del servizio.
La questione è stata successivamente ripresa in considerazione da parte della Corte di Giustizia UE che, con la sentenza emanata nell’ambito della causa C-155/12, ha stabilito che laprestazione di stoccaggio merci posta in essere nell’ambito di un deposito può essere considerata una prestazione “complessa” ed assumere anche la natura di servizio relativo ad un bene immobile, con conseguente territorialità ai fini IVA nel Paese in cui è ubicato l’immobile.
Tale conclusione può configurarsi nel momento in cui il servizio di stoccaggio costituisce la prestazione principale nell’ambito di un accordo in cui si prevede che al depositante sia riconosciuto il diritto di utilizzare, in tutto o in parte, una parte dell’immobile adibita a deposito merci.
Nel caso specifico sottoposto all’attenzione dei giudici europei, il servizio posto in essere è qualificabile come “complesso”, poiché le prestazioni poste in essere consistono in un servizio composto da diverse prestazioni, e più precisamente dalle seguenti: ricezione delle merci in magazzino, sistemazione nelle apposite aree di stoccaggio, custodia, imballo, consegna, scarico, ecc.
Secondo la Corte, pur evidenziando che le prestazioni di stoccaggio in linea generale nonpossono inquadrarsi tra quelle relative a beni immobili, di cui all’art. 47 della direttiva 112/2006, possono rientrare in tale ambito quando il bene immobile è espressamente individuato come l’elemento costitutivo della prestazione di servizi, in quanto elemento centrale ed indispensabile per eseguire la prestazione dedotta in contratto.
In altre parole, laddove il bene immobile sia “oggetto” del contratto, è possibile far rientrare la prestazione “complessa” di stoccaggio tra le prestazioni di servizi relative a beni immobili, che nel nostro ordinamento rientrano tra quelle di cui all’art. 7-quater, lett. a), del D.P.R. 633/1972, e come tali rilevanti nel Paese in cui è ubicato l’immobile.
C.M. 28/E/2011
Punto 1.4
Territorialità ai fini Iva per le prestazioni di deposito merci
Domanda
Un soggetto passivo di imposta italiano riceve una prestazione di deposito per delle merci custodite in Olanda. Secondo la legislazione locale la prestazione è relativa all’immobile e, quindi, assoggettata ad Iva in Olanda. Tale interpretazione è condivisibile?
In caso contrario come si deve comportare il committente italiano che riceve una fattura con addebito di IVA olandese da parte della società comunitaria?
Risposta
L’art. 44 della direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE stabilisce che “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica”.
Il successivo art. 47 della citata Direttiva stabilisce, in deroga alla previsione di cui al predetto art. 44, che “Il luogo delle prestazioni di servizi relativi a un bene immobile, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali i campi di vacanza o i terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile e le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori edili come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è il luogo in cui è situato il bene”.
Tanto premesso, si osserva che ai sensi dell’articolo 1766 del c.c. “il deposito è il contratto col quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura”.
Ciò posto, si è dell’avviso che conformemente alla predetta normativa comunitaria, le prestazioni di deposito merci non possano ricondursi alla categoria delle prestazioni di servizi relative ai beni immobili.
Ai fini dell’individuazione del luogo di effettuazione delle operazioni torna applicabile, pertanto, la previsione generale di cui al citato art. 44 della direttiva recepita dal legislatore nazionale all’art. 7-ter, comma 1 del D.P.R n. 633 del 1972 secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato “… quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”.
In particolare, nel caso di specie, la prestazione resa deve essere assoggettata al reverse charge ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 secondo cui “Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all'articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti”.
E’, pertanto, il committente italiano che assume la qualifica di debitore dell’imposta, da assolvere mediante l’emissione di un’autofattura riportante l’indicazione dell’IVA dovuta La violazione del predetto obbligo di reverse charge comporta l’applicazione della disciplina sanzionatoria di cui al comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.
Conseguentemente, il committente italiano che riceve fattura emessa dalla società olandese con addebito della relativa IVA, al fine di non incorrere nell’applicazione della predetta sanzione, deve procedere all’applicazione del reverse charge .